Dalla scuola dell’infanzia alla scuola elementare: per un genitore spesso è difficile gestire l’ansia legata al passaggio, ancor di più se si pensa che il proprio figlio abbia qualche difficoltà. Come si può aiutare un genitore nella scelta della scuola per vivere più serenamente questo delicato momento?
Tutti i bimbi in prima sono in qualche modo in difficoltà: perché faticano a staccarsi dai genitori, perché rimanere molte ore seduti è un compito cui non sono abituati, o magari perché lontani dal compito di letto-scrittura (per caratteristiche personali oppure semplicemente perché è un compito inusuale). Proprio per questo è importante mantenere un atteggiamento positivo e incoraggiante, senza aver fretta di raggiungere risultati didattici di un certo tipo entro scadenze o tempi non naturali. Per un genitore sarà importante aiutare il proprio bimbo nei compiti a casa e,se trova che il bimbo abbia qualche difficoltà, non sgridarlo o punirlo, ma facendo squadra con la maestra, supportarlo con esercizi che potenzino i suoi punti di debolezza. La scuola si sta ormai evolvendo verso una didattica inclusiva, che permette cioè a tutti i bimbi, con le loro differenze e difficoltà, di entrare in modo fisiologico, con ritmi lenti, senza fretta, per evitare di porre ostacoli aggiuntivi sulla strada dei bimbi maggiormente in difficoltà.
Un genitore quindi deve avere la consapevolezza che la recente legislazione sottolinea l’importanza di tale gradualità e della necessità nei primi due anni di scuola di percorsi di rinforzo didattico per molti bambini. Nel momento degli open school è possibile parlare e confrontarsi con quelle che saranno le maestre dei propri bambini.
Sarà utile allora, soprattutto per chi teme che il proprio bimbo possa avere qualche difficoltà a scuola, sondare il terreno per individuare alcuni indicatori di un orientamento favorevole verso un apprendimento lento e profondo e non basato sulla veloce acquisizione di una moltitudine di apprendimenti. Alcune domande che possono essere poste possono riguardare ad esempio:
- L’epoca in cui si intende affrontare l’apprendimento del corsivo, ricordando che più è tardiva, meglio sarà per i bimbi (non prima di febbraio, meglio ancora se dopo) ci sarà poi tutta la classe seconda per consolidarla.
- Se si utilizzerà il metodo sillabicoper l’apprendimento della letto scrittura (ormai è il più diffuso e la ricerca conferma che sia il più fisiologico)
È importante poi che non siano i genitori stessi a “mettere fretta” agli insegnanti, premendo per un uso precoce del corsivo o per una accelerazione nella proposta didattica che non ha nessun vantaggio nella classe prima elementare.
No quindi a competizione e a modelli prestazionali, sì a una didattica che metta al centro cooperazione, differenze, e ritmi sostenibili. Imparare con gioia è possibile ed è anzi il modo migliore per voler continuare ad apprendere.
Un altro valido strumento per supportare il genitore può essere un percorso di parent training di coppia o di gruppo per vedere insieme in modo pratico come far fronte alle difficoltà, alle ansie e alle soluzioni dei piccoli grandi problemi che possono sorgere in questo momento così delicato.
Quali segnali deve cogliere il genitore per decidere se c’è bisogno di un aiuto in più?
A inizio ciclo della scuola primaria è consigliabile osservare se il proprio figlio ha sviluppato i pre-requisiti che sono alla base dell’apprendimento di lettura, scrittura e calcolo:
- Area della lettoscrittura:
- Discriminazione visiva (per riconoscere i grafemi da altri segni grafici, anche senza attribuire un nome)
- Discriminazione uditiva (per riconoscere le caratteristiche fonetiche di un messaggio)
- Memoria fonologica a breve termine (per mantenere in memoria una corretta sequenza fonologica)
- Competenze metafonologiche (permettono al bambino di manipolare i suoni arrivando alla parola)
- Area della matematica:
- Conoscenza della sequenza di numeri
- Associazione tra simbolo numerico e nome del numero (3=tre)
- Corrispondenza biunivoca numero – oggetti contati
- Conoscenza della numerosità (il numero totale di oggetti corrisponde all’ultimo numero che ho enumerato)
Dalla fine della seconda elementare in poi:
Area della lettoscrittura:
- Difficoltà a unire le sillabe per formare la parola
- Scarso controllo del significato della parola
- Perdita della riga nell’andare a capo
- Inversioni, omissioni o sostituzioni di lettere (in lettura o scrittura)
- Difficoltà nell’atto dello scrivere
- Scrittura poco leggibile
- Difficoltà nell’utilizzo dello spazio del foglio
- Area della matematica:
- Errori nella pronuncia o nella scrittura di numeri
- Difficoltà a imparare le tabelline
- Difficoltà eseguire, con rapidità e correttezza sufficienti, calcoli mentali e scritti
- Altre difficoltà:
- Difficoltà nel mantenere a lungo l’attenzione su un compito
- Difficoltà nel copiare correttamente dalla lavagna
- Difficoltà di memorizzazione
- Rifiuto verso la scuola
Sottoporre ad uno screening un bambino per valutare se ha difficoltà o meno nell’apprendimento è veramente un valido strumento valutativo o rischia di essere uno sfogo per calmare le ansie del genitore?
Lo screening è una valutazione breve degli apprendimenti, che permette di rilevare la presenza di segnali di disturbo specifico di apprendimento. Solamente dopo il risultato dello screening si deciderà se procedere con una valutazione più completa, oppure, se lo screening ha dato esito negativo, se non è necessario di approfondire. Di fronte a difficoltà persistenti in lettura, scrittura o calcolo che si presentino nei primi anni della scuola elementare, insegnanti e genitori si trovano a dover valutare le possibili strade da intraprendere. Sicuramente il primo passo, anche secondo le direttive ministeriali, é quello di approfondire gli aspetti in cui il bambino dimostra di avere maggiori difficoltà, con esercizi mirati di potenziamento che gli insegnanti possono attuare in aggiunta o in sostituzione del consueto carico scolastico
Se, anche dopo un periodo di potenziamento, durante la classe seconda, le difficoltà persistono, è consigliabile affidarsi ad uno psicologo, esperto nel settore dell’apprendimento, per sottoporre il bambino ad uno screening