Cercasi Gelindo per il Presepe

gelindoVoi ce l’avete Gelindo nel Presepe? A lanciare l’allarme era stato Luciano Nattino, regista e attore a tutto tondo, nome del teatro mancato qualche anno fa.  I bambini non possono non sapere chi fosse. Visto che la statuina è praticamente introvabile è importante raccontare chi è, cosa ha fatto, la sua storia.

Il suo nome, come è noto, è legato al protagonista dell’inverno: il gelo, mentre la sua fama (quella del proverbio “Gelindo ritorna) viene dal suo partire e tornare sempre indietro, tipico di chi per smemoratezza o indecisione ha sempre un’ultima raccomandazione, un’ultima cosa da dire ai suoi.

Chi si ricorda che il più antico “portatore di doni”, secondo la tradizione piemontese (che ha radici anche in Liguria e in parte della Lombardia), è proprio lui: Gelindo, il contadino che ha dato l’indicazione a Giuseppe e a Maria dove andare a riposare e che per primo arriva alla grotta (crutin) insieme alla sua famiglia a portare cibo, bevande, panni puliti alla coppia di sposi?

Anche perché è lui il proprietario del crutin, è lui il padrone del bue.

Si dice sempre: “il Bambino Gesù nacque in una mangiatoia, scaldato dal fiato di un bue e di un asinello”. L’asinello era quello di Giuseppe col quale la coppia era venuta dalla Galilea e col quale fuggirà in Egitto. Ma il bue? In quanti si chiedono di chi era quell’animale e come mai era lì?

Noi in Piemonte abbiamo la risposta: il bue era, è di Gelindo, proprietario del crutin dove Giuseppe e Maria si riposano nella notte divina in attesa del parto. Gelindo arriverà per primo alla grotta perché lui sa dove andare quando gli angeli, “adeste fidelis”, canteranno l’alleluia.

Il tutto è raccontato nella “divota cumedia” del Gelindo che, fino alla metà del secolo scorso, era il testo teatrale popolare più conosciuto e rappresentato in Piemonte: negli oratori, nelle stalle, nei teatrini parrocchiali. La sua origine è monferrina (ci sono testi scritti a partire dal XVIII secolo) e la sua tradizione orale si collega al teatro medievale, ai presepi viventi di francescana memoria.

“Mettete il Gelindo nel presepe, mettetelo per primo davanti alla stalla, con l’agnello sulle spalle!”

E’ un uomo adulto con mantella e cappellaccio. Ha le “braje mütte”, i calzettoni sotto le ginocchia e gli scarponi. Sta camminando, non è fermo, ed ha lo sguardo leggermente voltato all’indietro, perché ha il senso della tradizione e perché, volendo arrivare per primo, sta controllando che nessuno lo superi. Un misto di solidarietà e di orgoglio contadino.

Purtroppo questa statuina del Gelindo non si trova quasi più. Anzi, ne approfitto per dire che, se qualcuno ce l’ha, descritta come prima, lo segnali, così, per puro piacere di saperlo. Insieme a Gelindo, inoltre, bisogna mettere anche la sua famiglia: Alinda (o Linda), sua moglie, che porta i panni e le lenzuola (è il corrispettivo della Veronica nella Passione); Aurelia, sua figlia, che porta le uova; Tirsi, il garzone, che porta i salamini e il fiasco di vino; Medoro, suo cognato, che porta i formaggi. Senza dimenticare Maffeo, il vecchio garzone di Gelindo, che rimane a casa a sorvegliare la “roba” e gli animali del padrone mentre questi è via.

Ricordando Luciano Nattino  

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